PULIAMO PER IL MARE

Le quattro uscite in mare, effettuate col Moby Dick , presso la Diga Foranea di La Spezia hanno visto la partecipazione di adulti e bambini che con entusiasmo hanno collaborato nella raccolta dei rifiuti incontrati durante la navigazione.

Dopo aver individuato il rifiuto dalla prua del Moby Dick, con abili manovre capitan Marco avvicinava la poppa dell’imbarcazione per permettere ai partecipanti di raccogliere il detrito attraverso un retino.

Tra i rifiuti raccolti abbiamo: pacchetti di sigarette, mozziconi, tappi, bottiglie, un remo, sacchetti e pezzi di plastica, confezione di patatine, confezioni di merendine, costume, bicchieri di plastica, vari pezzi di polistirolo, retine in plastica, ticket parcheggio del porto e altri detriti di plastica di varie dimensioni.

La plastica risulta il rifiuto più presente.

Al termine della raccolta è stato affrontato il tema dell’inquinamento da plastica dell’ambiente marino con focus sulle microplastiche.

L’inquinamento da plastica è una realtà che sembra non avere una soluzione, tanto che molti si riferiscono al periodo attuale definendolo “ Plasticene”, l’era della plastica. Si stima che oltre 8 milioni di tonnellate finiscano ogni anno negli oceani per via di della cattiva gestione dei rifiuti nelle aree costiere, con il risultato che questo inquinante continua ad accumularsi senza essere smaltito.

I rifiuti plastici possono avere varie dimensioni, se inferiori a 5 mm di lunghezza sono definiti microplastiche. Alcune entrano nell’ambiente così come sono e vengono definite primarie.

Le microplastiche primarie derivano da polveri di copertone, vernici, paste abrasive, cosmetici e prodotti per l’igiene personale. Particelle di polistirene, polipropilene e polietilene sono presenti in esfolianti, dentifrici, ombretti, creme da barba, bagnoschiuma, tinte per capelli, creme solari. Capi di abbigliamento realizzati in acrilico, nylon, poliestere, spesso usati per realizzare vestiti tecnici o come alternativa economica al cotone durante i lavaggi in lavatrice rilasciano microfibre che finiscono nelle acque di scarico e non riescono ad essere bloccate dai filtri di depurazione.

Le microplastiche secondarie derivano invece da rifiuti plastici di grandi dimensioni. La salsedine, le correnti e la fotodegradazione da parte dei raggi del sole sono in grado di intaccare l’integrità delle strutture plastiche, spezzettandole piano piano in parti sempre più piccole. I pezzi di plastica con dimensioni inferiori a 1 micron sono definite nanoplastiche.

Queste plastiche sono un problema serissimo poiché è praticamente impossibile separarle dall’acqua in cui sono disciolte.

Quest’ultime vengono trasportate dalle correnti marine un po’ ovunque e hanno un enorme impatto sulla vita marina e non solo: infatti sono ingerite dagli animali marini entrando così nella catena alimentare. Scambiate per plancton, quindi per cibo, da animali planctivori appartenenti allo zooplancton che a loro volta sono mangiati da altri predatori, le micro e nanoplastiche finiscono per accumularsi nei corpi di questi organismi marini, propagandosi così attraverso tutti i livelli trofici della catena alimentare, fino ad arrivare a noi.

Da tenere in considerazione che le microplastiche possono trasportare batteri, virus e funghi e favorire l’assorbimento di altri inquinanti chimici poiché contengono additivi plasticizzanti o persistenti. L’accumulo di sostanze tossiche negli esseri viventi (bioaccumulo) aumenta di concentrazione mano mano che si sale al livello trofico successivo. Questa aumento di concentrazione di un contaminante andando verso i livelli più alti di una catena trofica viene definita biomagnificazione.

L’ingestione delle microplastiche, che si accumulano nello stomaco, può portare ad un senso di sazietà che induce l’animale a non nutrirsi più, causando riduzione nell’apporto di vitamine, nutrienti e in generale di energia. Uno stato di inedia prolungato causa danni agli organi e può portare anche alla morte.

Gli studi sulla tossicità nell’uomo sono ancora in corso ma i possibili effetti sulla salute possono essere: infiammazione, stress ossidativo, disturbi metabolici, disordini immunitari e riproduttivi, aumento del rischio di cancro.

Anche gli uccelli marini cascano nell’errore di procacciarsi cibo di plastica che, poi, propongono ai propri pulcini causando loro l’avvelenamento.

Inoltre gli animali marini possono restare intrappolati o immobilizzati da plastiche di grandi dimensioni. Pellicole, sacchetti e imballaggi possono causare morte per soffocamento, annegamento, strangolamento. Nella maggior parte dei casi succede con le attrezzature e le reti da pesca che risultano fatali per animali come cetacei e pinnipedi.

Tempo di permanenza in ambiente dei rifiuti:

scarti alimentari 2 – 3 mesi

pannolino monouso 450 anni

lattina di alluminio 200 anni

cannuccia 200 anni

accendino 100 anni

chewing-gum 5 anni

mozzicone di sigaretta 1-5 anni

anelli sixpack 400anni

bottiglia di plastica 450 anni

borsa di plastica 10-20 anni

lenza 600 anni

bicchiere in polistirolo 50 anni

galleggiante 50 anni

cartone da imballaggio 2 mesi

bottiglia di vetro indeterminato

fazzoletto di carta 2-4 settimane

legno compensato 1-3 anni

giornale 6 settimane

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